Durante la scalata della Simien Mountain avevo sofferto talmente tanto che avevo ripromesso a me stesso che non avrei mai piu’ provato a scalare una montagna in vita mia. Quando pero’ mi si e’ presentata l’occasione di scalare la montagna piu’ alta di tutto il continente africano, la tentazione di vincere la sfida con la natura e specialmente con me stesso e’ stata piu’ forte di qualsiasi altra cosa e non ho potuto resistere al fascino di quest’avventura.
Giorno 1
Marangu Gate 1970 mt – Mandara Hut 2700 mt (distanza: 7 km; ascesa: 720 mt)
Domenica 17/02/2008. La scalata inizia al Marangu Gate a 1980 mt di altitudine (S 03 24,328’ E 37 31,258’). Questo primo tratto e’ piuttosto semplice. L’unico problema e’ dato dal terreno fangoso che si inerpica all’ombra degli intricati alberi della foresta. Verso le 5 di pomeriggio siamo arrivati a Mandara Hut a 2700 mt di altitudine. Dopo aver bevuto un po’ di te caldo siamo saliti fino al Maundi Crater a 3000 mt di altitudine per ammirare i picchi di Kibo e Mawanzi e per acclimatarci meglio allo sbalzo di altitudine. Dopo di che siamo tornati al campo, abbiamo mangiato qualcosa e siamo andati a dormire.
Il problema piu’ grande delle scalate in montagna ad elevate altitudini, infatti, e’ rappresentato dal pericolo di contrarre la malattia da altitudine. Le cause principali di questa malattia sono la mancanza d’ossigeno e la differenza di pressione che si riscontra alle altitudini elevate. Non ci sono regole precise e questa malattia puo’ colpire chiunque indiscriminatamente. E’ un po’ come tirare la monetina e puo’ capitare che il superatleta in piena forma ne accusi i sintomi e sia costretto a tornare indietro, mentre l’amico per nulla allenato possa proseguire senza alcun problema. I primi sintomi di questa malattia sono mal di testa, letargia, insonnia ed inappetenza. Seguiti da un piu’ forte mal di testa, respiro affannato, difficolta’ nel coordinamento, stato confusionale, comportamento irrazionale, vomito e perdita dei sensi. Oltre i 3000 mt se non viene curata tempestivamente e non si diminuisce l’altitudine immediatamente puo’ risultare fatale.
Per prevenire questa malattia si puo’ provare ad ascendere lentamente spendendo due o tre notti ogni 1000 mt di dislivello; dormire ad un’altitudine inferiore rispetto a quella massima raggiunta in giornata; bere molto; mangiare leggero ed evitare alcool e sigarette.
Brefing pre-climbing
Into the forest
The Summit is so far...
Giorno 2
Mandara Hut 2700 mt – Horombo Hut 3720 (distanza: 11 km; ascesa: 1020 mt)
Lunedi 18/02/2008. Il secondo giorno ci siamo svegliati alle 7 di mattina e dopo una rapida colazione ci siamo messi in marcia. Dopo alcuni chilometri il paesaggio cambia bruscamente e la foresta viene sostituita dalla brughiera tempestatata da tantissimi fiori colorati e da giganti eriche (dei buffi alberi dal tronco simile a quello delle palme, ma con un grande cespuglio verde in cima). A meta’ percorso lo zaino forse troppo pesante ha iniziato a crearmi delle difficolta’, ma seguendo il consiglio di alcuni portatori ho risolto il problema tenendolo in equilibrio sulla testa. In questo modo si permette alla schiena di traspirare, si riposano le spalle e si assume una postura corretta migliorando anche la respirazione.
Verso le 2 di pomeriggio siamo arrivati ad Horombo Hut ed anche questa volta dopo un breve riposo abbiamo proseguito fino allo Zebra Point a 4000 mt di altitudine per poi tornare indietro. Alla sera abbiamo condiviso la capanna con un giapponese stravagante, ma molto simpatico e gentile che continuava a ridere ininterrottamente e a dire cose stupide ed insensate. Per la verita’ per un momento abbiamo pensato che avesse contratto la malattia da altitudine, ma poi abbiamo scoperto che in realta’ era proprio fatto cosi’.
Two Porters and one guide
Three porters
Everybody at Horombo Hut (Summit still far...)
Horombo Hut above the clouds
Zebra Point
Giorno 3
Horombo Hut 3720 mt – Kibo Hut 4703 mt (distanza: 10 km; ascesa: 983 mt)
Martedi 19/02/2008. La giornata e’ stata stupenda. Il sole ha illuminato per tutto il giorno la vetta imbiancata dalla neve e la vista della nostra meta che passo dopo passo si avvicinava sempre di piu’ ci teneva alto il morale ed attenuava i sontomi della fatica.
Dopo 5 chilometri gli alberi dall’aspetto buffo e tutti i fiori colorati sono scomparsi lasciando spazio alla desolazione del deserto alpino.
Arrivati a Kibo Hut abbiamo visto alcuni fiori deposti in memoria di due portatori che avevano perso la vita qualche mese prima.
Anche questa volta prima di andare a dormire siamo andati fino a 5000 mt di altitudine per acclimatarci meglio per poi fare ritorno al campo.
Questa volta abbiamo condiviso la capanna con altre 6 persone. Tre americani, una ragazza giapponese con accompagnatore ed lo stesso giapponese che aveva dormito con noi la sera precedente il quale, prima di andare a dormire, ci ha mostrato tutto emozionato l’autografo che aveva appena ottenuto dalla sua connazionale rivelandoci che ci trovavamo di fronte a Misungo: la migliore scalatrice al mondo. L’unica donna in procinto di scalare tutte le vette oltre gli 8000 metri.
Alle 6 siamo andati tutti a dormire perche’ a mezzanotte avremmo dovuto iniziare l’ultima scalata. Qualche ora dopo i tre americani hanno accusato i sintomi della malattia da altitudine. Uno di loro in particolare era piuttosto grave. Ha iniziato a respirare affannosamente ed era in evidente stato confusionale. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e non riusciva a dire chi fosse ne’ dove si trovasse, cosi’ lo hanno riportato urgentemente a valle con una barella speciale con una sola grande ruota.
Walking "Pole Pole"
Look at those trees
Porters with our 140 lt bag (bigger than kili)
Family Picture
Mawanzy Peak
Porters at Kibo Hut (Higher than eagle)
Giorno 4
Kibo Hut 4703 mt – Gilman’s Point 5685 mt – Uhuru Peak 5895 mt – Horombo Hut 3720 mt (distanza: 4 km piu’ 14 km; ascesa: 1192 mt piu’ 2175 discesa)
Mercoledi 20/02/2008. Alle 11 di martedi sera mi sono svegliato con un gran mal di testa. Per resistere al freddo terribile ho indossato tutto cio’ che possedevo: 3 paia di calze, 3 pantaloni, 2 magliette a maniche corte, 2 magliette a maniche lunghe, 2 maglie, l’impermeabile, 1 cappello di lana, 1 sciarpa e la giacca e i guanti che avevo affittato appositamente per quest’occasione. Dopo aver bevuto un po’ di te con i biscotti Veysel mi ha dato una pastiglia per l’altitudine che ha attenuato il mio mal di testa impedendo che si aggravasse, dopo di che abbiamo iniziato l’ascesa insieme alla scalatrice giapponese, il suo personal trainer e le nostre guide.
Il primo tratto e’ piuttosto ripido e si inizia un interminabile zigzag lungo una parete di soffice sabbia vulcanica. La mancanza d’ossigeno rende l’aria piuttosto frizzante ed il nostro umore particolarmente allegro. Un po’ quello che succede dopo aver bevuto qualche bicchiere di buon vino italiano. Tom era quello piu’ preoccupato ed era continuamente in allerta per ogni sintomo che potesse predire la contrazione della malattia da altitudine. Prima di raggiungere Hans Meyer Cave a 5182 mt ci siamo fermati un attimo per riposare ed osservando l’anello di luce che circondava la luna piena Tom ha chiesto: “Come chiamate voi in Italia quella cosa intorno alla luna?” Ed io prontamente: “Allucinazioni! Forse e’ meglio se torni indietro amico mio.” A quel punto siamo scoppiati tutti a ridere freneticamente e non siamo riusciti a smettere se non dopo qualche minuto con Misungo che, prendendo la scalata piu’ seriamente, ci guardava sconvolta.
Dopo Hans Mayer Cave la pendenza aumenta decisamente e si e’ costretti ad aggrapparsi con tutte e due le mani per superare le rocce che ricoprono l’ultimo tratto di montagna fino a Gilman’s Point (S 03 04,450’ E 37 22,084’) che si trova proprio sul bordo del cratere a 5685 mt d’altitudine. Da qui si gode di una vista incredibile sia dell’esterno che dell’interno del cratere che e’ completamente ricoperto dalla neve.
A questo punto avevo esaurito tutte le mie forze e senza pensare che sarei poi dovuto tornare indietro ho proseguito camminando come un zombie lungo il bordo del cratere per altre 2 ore fino a raggiungere la vetta ad Uhuru Peak a 5895 mt (S 03 04,534’ E 37 21,232’).
La temperatura sulla vetta e’ di circa 20 gradi sotto zero e c’e’ un fortissimo vento gelido che oltrepassa i vestiti e penetra nelle ossa. Abbiamo fatto appena in tempo a scattare alcune foto (ho tenuto la batteria della macchina fotografica nelle mutande per tutta l’ascesa per evitare che si congelasse) e prima di congelarci siamo tornati indietro.
Dopo aver raggiunto la vetta ho recuperato miracolosamente tutte le mie forze e la discesa e’ stata piuttosto semplice e divertente, soprattutto dopo Hans Mayer Cave quando la temperatura e’ risalita ed ho “surfato” sulla soffice sabbia vulcanica fino a Kibo Hut. Dopo aver dormito un paio d’ore ci siamo rimessi in marcia e siamo ridiscesi per altri 10 km fino a Horombo Hut dove mi sono addormentato stremato ancora prima di raggiungere la branda.
The Summit!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Sunrise from the summit
Kilimangiaro crater
20 degrees below zero!
20 meters high of ice
Great view
Last part before Gilman's Point (during the daylight seems easier...)
Coming back from the summit With Misungo and her trainer at Horombo Hut
Giorno 5
Horombo Hut 3720 mt – Marangu Gate 1970 mt (distanza: 18 km; discesa: 1750 mt)
Giovedi 21/02/2008. L’ultimo giorno avevo dolori in ogni singola parte del mio corpo. Le gambe mi facevano talmente male che riuscivo a camminare a stento. Tuttavia la felicita’ per aver raggiunto la vetta era talmente grande che la stanchezza e’ passata in secondo piano. A meta’ giornata abbiamo raggiunto Mandara Hut e senza neanche fermarci abbiamo proseguito fino Marangu Gate da dove era cominciata questa splendida avventura appena 5 giorni prima.
Colonna sonora: “Trouble” Cold Play
Last kms
Back at the gate all in one piece (more or less...)
Everybody safe back home...